CONTEMPLAZIONE (PAROLE e VIDEO)

Viandante

per le nostre strade,

in cerca di un posto

dove posare il capo.

E dove trovi una casa

ti fermi sull’uscio

per offrire il dono di te,

senso e pienezza di ogni esistenza.

Mendichi alla porta

il calore di un incontro,

un orecchio che ti ascolti,

un cuore che ti accolga.

Non entri magicamente a porte chiuse

ma bussi, discreto,

segno di quel tuo cuore mite

che non forza e non violenta,

perché nella nostra casa

potrebbe esserci niente e nessuno

oppure così ingombra

che non riusciresti a metterci piede.

Non  ti sfugge, però,

una piccola luce dall’interno

che forse solo tu vedi,

quel lucignolo fumigante,

che stenta nel vuoto del non senso

o che rischia di soffocare

nell’ammasso dell’inutile

e che non aspetta altro

che di essere ravvivato

dalla luce piena

della tua vita risorta.

L’unico gesto che fai

è appoggiare la mano,

perché con il tuo tocco

anche tutta la nostra casa

risorga con te,

garanzia di pienezza già data.

E quindi stai,

e ci guardi

da quel piccolo spiraglio,

segno che c’è sempre

una feritoia da cui

puoi entrare, ospite inatteso,

voce inattesa,

per soffiare vita nuova

nei nostri deserti polverosi,

per dirci parole nuove,

buttando all’aria le cose di prima.

Perché, in fondo,

anche se non ce ne rendiamo conto,

se fingiamo di non saperlo,

anche se ci affrettiamo

a sbarrare l’uscio

non appena ci accorgiamo

che è stato lasciato socchiuso,

il nostro cuore

attende sempre il nuovo,

la bella notizia

che può riempire la nostra casa

di luce, di verità, di gioia e di calore.

E, se ci trovi fuori casa

o indaffarati in altre cose

e non attendiamo,

è perché abbiamo paura,

paura che tu venga a mettere a soqquadro

la nostra dimora sicura,

dove abbiamo riposto le nostre certezze

a cui teniamo tanto come tesoro geloso,

che nessuno può portarci via,

o dove i mobili sono quelli di sempre,

coperti di polvere e tarlati,

sui quali troneggiano

suppellettili inutili e fragili.

Se capissimo chi è

l’ospite che sta alla porta

e il dono che reca,

ci faremmo trovare in casa

e correremmo ad aprirti e tu verresti,

saltando tutte le cerimonie

formali dell’ospitalità

e sederesti a tavola con noi

perché è sera, siamo stanchi,

e abbiamo bisogno

di nutrimento e sapore

per il nostro cuore

che durante il giorno della nostra vita

abbiamo riempito del fare affannoso

e non della tua presenza.

E sei tu

che davanti a noi

prepari la mensa,

sei tu che ci ungi con l’olio

della dignità di commensali,

attesi dall’Inatteso,

invitati così come siamo,

sei tu che ci raccogli e ci ospiti.

Avrai portato con te

l’acqua di fonte sorgiva

della tua parola,

il vino nuovo della gioia

e dell’alleanza senza fine,

il pane fragrante dell’amore a perdere.

Cenerai con noi spezzando

la tua vita nella nostra

e noi, nello stupore

del cuore che arde,

non potremo fare altro

che spezzare la nostra nella tua

e, sulle strade della storia,

divenire viandanti con te,

e come te, senza bastone,

né bisaccia, né pane,

né denaro, né tunica,

con lo stesso tuo sguardo

e gli stessi tuoi doni.

 

 

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