3c29984e1fef28f98b469b46dceea0caAD OCCHI APERTI  NELLA NOTTE NERA

Molti non hanno chiuso occhio nella notte del terremoto, anche qui da noi. Non volevano essere sorpresi dal drago. La paura e la paura di morire non fa riposare tranquilli. Poi il giorno, le immagini, i cumuli di macerie, i tanti che si danno da fare. La ripetizione delle scosse.  Altra paura, altre morti. Quanti morti ? La leggerezza della vacanza in un ambiente bello di natura e di storia e arte, è stata travolta. E subito si fa il conto dei morti e dei salvati. Dei ricoverati . Conto aggiornato ancora.  Un mix di dolore e di gioia, di applausi e di silenzio.

Provando ad aprire gli occhi nella notte, come fa un gufo (qui inteso non come portatore di morte, ma di vigilanza) ci siamo accorti subito di quello che cova sotto la crosta di questa gente.  Le emergenze sono shock che ci scuotono e ci invitano a fare il salto e pertanto possono miracolosamente rimetterci in moto per salvare.  Ci scuotono da quei muri che ci siamo costruiti per tenerci al sicuro, i muri dei nostri egoismi e individualismi ( sto bene io, stan  bene tutti) , che, se non stiamo attenti, possono diventare invalicabili.  C’è da augurarci che le esperienze di volontariato gratuito e impegnativo possano essere offerte a tanti giovani. Ma anche a tanti adulti, restati adolescenti a giocare con smarphone e tablet.

E sentiamo che da dentro queste macerie si leva un lamento, un grido, una domanda. Dio, dove sei ?  Perché tutto questo ? Oppure quella domanda del salmo 35, 17 “Fino a quando, Signore starai a guardare ? “. Che Dio sei ? Sono domande rispettabili, che sono anche dentro noi credenti di lunga data. E fanno bene ad esserci, come sono restate nei salmi.

Ne va di mezzo il volto di Dio che non abbiamo finito di cercare. Se non ci fosse stato Gesù di Nazareth, con tutta la sua parabola di vita,morte e risurrezione, staremo ancora a cercare con scarsa luce. Ora il Crocifisso Risorto è lo spiraglio oltre le macerie.

La prima cosa che ci chiede è di non dire è che questo avviene come una punizione. Era caduta un torre; c’era stato un attentato. E Gesù dice: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». La disgrazia chiama solo alla conversione. In una parola a volgere lo sguardo a Lui e ascoltarlo e accoglierlo in noi. Se ci stiamo, s’accende la speranza e subito l’amore gratuito.

Ma ancora una domanda: che razza di mondo è questo ? dove muoiono i bambini e le speranze di una famiglia vengono così duramente spente ?

Il mondo è questo. Viviamo anche in un mondo che trema, sempre. A volte troppo.  Sempre in modo imprevisto.  Luigino Bruni in un articolo sull’Avvenire afferma: “ La terra, quella vera e non quella romantica e ingenua delle ideologie, è assieme madre e matrigna. L’humus genera l’homo ma lo fa anche tornare polvere, a volte bene e nel momento propizio, ma altre volte male, troppo presto, con troppo dolore. Non c’è da fare della terra una dea.  Anche la terra soffre e geme , dice san Paolo “…soffre e geme come una donna che partorisce” (Rom 8, 22). Il creato partecipa della natura e del destino dell’uomo: è destinato alla gloria, alla resurrezione (“anch’esso sarà liberato dal potere della corruzione per partecipare alla libertà dei figli di Dio” Rom 8, 21), ma il suo essere in divenire, in evoluzione comporta necessariamente delle tensioni, dei sussulti, delle spaccature, degli assestamenti: terremoti, inondazioni, uragani, siccità, epidemie,  cambio di equilibri…

E allora ? Allora facciamo la nostra parte di uomini da futuro , di persone che vivono solo in  relazione tra loro,di persone in società. Insieme possiamo prevenire la morte, quella ingiusta e condividere la strada della ricostruzione.

Lo spettacolo della solidarietà della gente (anche dei rifugiati che dicono: vogliamo restituire l’accoglienza) è il segno del futuro possibile e dell’alba dopo la notte nera della tragedia. Come gufi tra le rovine (salmo 102,7) attendiamo un nuovo giorno, il giorno della ricostruzione. Che non sia solo promessa, ma rapidamente attuata, come meglio si può.

Il nostro motivo profondo è quello dell’agire di Dio che, in Gesù, ha condiviso in tutto la nostra condizione umana. Noi sappiamo che tutto concorre al bene, che  la realtà è condotta verso la sua pienezza di vita. Sappiamo che il mistero pasquale che dalla morte apre alla vita, è in atto, nonostante i segni contrari. Il segno della speranza che si fa azione di soccorso, da chiunque venga, nasce da qui. Noi sappiamo che lo sguardo di Dio sulla realtà è positivo. Questo non per affermare ingenuamente che il mondo è un paradiso, ma per riuscire a scorgere al di là della scorza, nel cuore della realtà, della storia, di noi stessi, la presenza amorosa dell’Amore Onnipotente.

E via tutti gli sciacalli. Via la corruzione. Noi tutti ad occhi aperti, per scovarla e denunciarla. E ad occhi aperti anche su quella gente umile che sa affrontare la tragedia con dignità.

In questo fiume di immagini e parole, ci viene spontaneo chiederci:  ma da dove viene questa gente qui ?  Come fanno a essere così caldi e nello stesso tempo sobri, stoici, a soffrire e controllare il dolore per resistere alla morte, alla faccia crudele e disperante del mistero del mondo?  Un esempio: il padre di Giorgia. Abbiamo visto lei, in braccio a quello che correttamente il telecronista definisce suo soccorritore, ma che noi sappiamo suo salvatore.

La sua coda di cavallo divenuta subito simbolo di vita che continua. E il padre, intervistato subito dopo, trattenendo le lacrime trattenute, con un dolore intenso e composto, ringrazia il destino che gli ha salvato la vita della figlia. Ma l’altra, suggerisce timidamente la giornalista… Purtroppo l’altra bambina… Non osa proseguire. Lui guarda, lei e tutti noi negli occhi, vediamo i suoi occhi .Purtroppo lei non ce l’ha fatta, risponde. Come pensando che era giusto così, piuttosto che un’agonia e un futuro di menomazioni.

Qualcuno ci protegge, lassù. ‘Le protegge’ ripete. Protegge tutte e due, dice sereno. Quella che miracolosamente è stata salvata e quella che se ne è andata. Il vivo e il morto. Sono confuso, e meravigliato per come, in una tragedia e nel pianto, guardando un tg, all’improvviso ci appaia, mite e lampante, l’eroismo e la santità degli umili.( Mussapi)

C’è un augurio che ci viene da farci; che questa occasione, questa tragedia ci apra ad un nuovo stile di vita, in cui l’attenzione alle sofferenze, la vicinanza alle solitudini, la condivisione dei beni , anche della casa, la concentrazione sull’essenziale che è la misericordia non sia stagionale e provvisorio, ma diventi appunto nuovo stile di vita.

“Vi assicuro che …. se non cambierete vita, finirete tutti allo stesso modo”(Lc 13,5)

(A cura del Centro di Spiritualità “sul monte” Castelplanio)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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