La pandemia ci ha chiusi in casa e ora ci ricorda che serve il dominio equilibrato delle nostre emozioni Il pericolo del virus non va sottovalutato e sarebbe bene ne parlassero solo gli specialisti, con il linguaggio e i toni adatti alla circostanza. Ma siamo nell’era della comunicazione e questa, spesso, prende il sopravvento sui contenuti. Basta fare zapping a qualunque ora e si trovano sempre programmi, di vario tipo, in cui si parla del virus, con competenze non proprio sempre specchiate. Un fenomeno, certamente importante, si è trasformato in un dramma collettivo, vissuto più in modo emozionale che razionale. La nostra reazione appare davvero improntata di una paura che ricorda le pesti antiche. Che senso hanno le code ai negozi per acquistare regali natalizi e ai supermercati per l’accaparramento di cibo? Il virus è stato associato allo straniero (era accaduto la stessa cosa con l’aids: stranieri e omosessuali, cioè diversi) e il senso di pericolo viene amplificato. La paura è altrettanto contagiosa del virus, se poi alimentata da una sovraesposizione mediatica la sua influenza sul nostro immaginario aumenta a dismisura. Siamo vittime dell’informazione! In un’epoca di paure, in cui le emergenze sembrano inseguirsi l’una con l’altra, causando uno stato di allarme perenne, di tensione continua, di surriscaldamento sociale, diventa sempre…