Un riconoscimento, un compito e un’indicazione importante
Non sono davvero la parte rassegnata della vita… Parlare di donne in fondo significa semplicemente riconoscerne la forza a tutti i livelli. Dalla capacità di resistere nella sofferenza, alla tenacia nell’affrontare le difficoltà; dalla resistenza nel custodire la speranza, alla fedeltà nella lotta quotidiana per ciò che sta loro a cuore… Un universo, il loro, vivo, reale, appassionato e purtroppo ancora spesso marginalizzato. Il Vaticano II ha consentito e spronato nella Chiesa un diverso qualificato impegno e una diversa visibilità delle donne. Ma ancora oggi, solo per fare un esempio, le teologhe a tempo pieno restano invischiate in difficoltà mai risolte. “Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della donna”: è il richiamo alla Chiesa di Papa Francesco, che da sempre sollecita una riflessione sul femminile ormai non più procrastinabile. Rivolgendosi direttamente ad esse, egli riconosce: “Voi donne sapete incarnare il volto tenero di Dio, la sua misericordia, che si traduce in disponibilità a donare tempo più che a occupare spazi, ad accogliere invece che ad escludere”. L’amore di Dio è soprattutto un amore di misericordia – insegna – e le donne hanno questo tratto. Di qui quasi un compito speciale per loro: essere nella società il riflesso particolare di quella misericordia e di quella tenerezza.
La forza delle donne nella società e nella chiesa
Un riconoscimento da sempre dovuto alla donna: la capacità di vedere dove la vita è fragile e assumerne la custodia. Soprattutto la vita consacrata ha sempre fatto questo: nell’educazione dei bambini, dei giovani, nel mettersi a fianco dei malati; nel lottare, soprattutto oggi, contro la tratta di donne e minorenni reclutati, schiavizzati… E tutto questo dovunque nel mondo! Se in quest’anno della vita consacrata ciò venisse davvero riconosciuto potrebbe essere per tutti uno stimolo a recuperare la potenzialità grande che caratterizza i consacrati nell’essere presenze generative al servizio della vita. La relazione tra vita consacrata (soprattutto femminile) e custodia della vita è infatti incredibile. Una generatività che va dall’arte alla capacità professionale, alle relazioni. Una missione affascinante.
L’importanza che le donne danno alle relazioni è la loro ricchezza… Qualche volta è anche la loro fragilità. Nella professione dell’insegnamento per esempio non sono interessate solo a far lezione e… a finire. Per loro c’è il rapporto con lo studente, l’importanza di dargli una motivazione, la disponibilità all’attenzione, all’ascolto, al farsi carico… Senza tale priorità riservata al tratto relazionale quello che fanno non sembra loro avere molto senso.
Papa Francesco a proposito del ruolo della donna nella Chiesa ha detto: “Sono convinto dell’urgenza di offrire spazi alle donne nella vita della Chiesa. È auspicabile una presenza femminile più capillare ed incisiva nelle Comunità, così che possiamo vedere molte donne coinvolte nelle responsabilità pastorali, nell’accompagnamento di persone, famiglie e gruppi, come anche nella riflessione teologica”. Una ridistribuzione di ruoli di responsabilità però – a cui il papa fa riferimento e che ci deve essere – richiede una condizione previa: prendere sul serio, e cioè riconoscere il valore di quello che le donne sono e fanno, perché già fanno tanto.
‘Lasciatemi sognare – ha detto sr Eugenia Bonetti – forse io non lo vedrò, ma spero che ci sia un Sinodo sulla donna, fatto da donne, per le donne e con le donne’. Sarebbe uno spazio per dire se stesse come Chiesa alla Chiesa. Una Chiesa collegiale che si interroga con amore, con passione su se stessa, avrebbe una forza diversa (sr Mary Melone).
Luciagnese Cedrone smc (tratto da usmionline@usminazionale.it)